La complessità alla base di nuovi paradigmi organizzativi
Le frontiere di scienze quali fisica, chimica, biologia, neuroscienze, cibernetica, scienze sociali e filosofia si stanno connettendo come mai nel passato, componendo un corpo di conoscenze e di ricerche che vanno sotto il nome di teoria della complessità.
Una sistemazione e una sperimentazione complete sono ancora lontane, ma stanno emergendo visioni e opportunità concrete di grande interesse per l’organizzazione.
Le aziende in particolare, ancora saldamente ancorata a modelli non più adeguati, hanno molto da recepire da questi avanzamenti, precursori di nuovi paradigmi organizzativi, in grado di far fare incredibili salti di qualità e di produttività.
Non è facile cambiare paradigmi che per due secoli hanno strutturato il nostro modo di pensare e la nostra prassi organizzativa. Così come non è facile capire pienamente la doppia natura dell’azienda, sia “meccanica” che “pensante” e la necessità di ricorrere contestualmente a leve organizzative di segno opposto.
La doppia natura dell’organizzazione fa sì, ad esempio, che abbiano senso sia procedure “algoritmiche”, rigide e rigorose, che linee guida flessibili. Come pure che si possano strutturare per funzioni le attività di tipo “meccanico” e strutturare “per sistemi” quelle “pensanti” ed evolutive. Vale a dire, “differenziare” e “integrare”.
Paradossalmente è proprio il riconoscimento profondo della complessità della organizzazione, che ne permette la massima semplificazione e la massima focalizzazione.
Normalmente le organizzazioni affrontano le “contraddizioni” della complessità “pendolando” nella attuazione degli opposti, con lunghe e costose ristrutturazioni. L’applicazione dei principi della complessità permette invece un cambiamento profondo ma non intrusivo, stemperato nel tempo, progressivo secondo una curva di apprendimento, utilizzando prevalentemente le energie interne.
La sperimentazione graduale dei paradigmi della complessità, accompagnata da esercizi di riflessione e di consapevolezza, assicura un loro progressivo radicamento nella cultura e nella prassi aziendali e la realizzazione “soft” di rilevanti miglioramenti di produttività e di motivazione.
Le sfide della complessità
- Porre uguale attenzione alle strutture e ai processi per configurare gli enti, allocare i ruoli, gestire i meccanismi operativi, selezionare le persone;
- Rendere dinamici i ruoli individuali, in modo che possano crescere sistematicamente con l’apprendimento, senza togliere stabilità e punti di riferimento alle persone;
- Soddisfare la necessità di essere molto accentrati, cioè di avere tutto sotto controllo, ed essere contestualmente molto decentrati, cioè di dare la massima responsabilità ai livelli più operativi;
- Avere persone capaci di svolgere tutte le attività del proprio ambito, dando più senso al lavoro e guadagnando così in efficienza e motivazione e far si che ciascuno arrivi ad essere uno specialista per risolvere i problemi più difficili;
- Porre al centro la persona e far crescere gruppi capaci di fare molto più della somma dei singoli;
- Moltiplicare la capacità di cooperare, senza perdere la capacità di “buona competizione” individuale;
- Conservare tutto il meglio che si è costruito nel passato e contestualmente produrre una gran quantità di innovazione, di business, di prodotti e servizi, di metodi e strumenti, di modalità di funzionamento;
- Essere tutti responsabili di qualcosa di individuale e contestualmente corresponsabili di un ambito molto più allargato, in modo che tutti i problemi e tutte le alternative di soluzione siano sempre oggetto di attenzione e sia forte l’identità con la organizzazione;
- Far si che ogni soluzione di lungo termine sia accompagnata da un programma di cosa cambiare oggi e, viceversa, che ogni immediata soluzione sia supportata da una attenta analisi di ciò che si vorrà che succeda nel lungo termine;
- Accompagnare la massima attenzione a tutto quello che succede localmente con una vista che abbracci e approfondisca sistematicamente l’organizzazione globale della azienda;
- Fare della incompetenza un “driver” di motivazione e miglioramento.
Persona di riferimento
Paolo Monari
Senior Scientist, Head of Research
Italia | Milano
Senior Scientist – Partner Associato di MAYS International Professore a contratto presso l’Università di Padova, per l’Organizzazione, l’Innovazione e il Project Management. Ha lavorato in aziende di diversi settori, facendo esperienza in diverse funzioni. È stato Amministratore Delegato della...Read more
Le nostre soluzioni
La complessità non può essere affrontata con soluzioni standardizzate: esige una accurata personalizzazione, che non può che essere “co-progettata” dinamicamente.
Applicando alla organizzazione la metafora delle neuroscienze, l’attività di base consiste nell’attivare o riattivare le “sinapsi” perdute o mancanti tra tutte le parti e tra tutti i livelli, integrando gradualmente il “top-down” con il “bottom-up”, formando e assistendo i gruppi “giusti”, secondo percorsi e con modalità che formano il cuore di una metodologia proprietaria in costante aggiornamento.
La crescita di consapevolezza, analogamente a quanto accade con le dimensioni umane nel singolo individuo, coinvolge tutte le variabili della organizzazione, ma il cambiamento, a differenza delle riorganizzazioni tradizionali, avviene in maniera non invasiva, con il coinvolgimento e la mobilitazione graduale di tutte le persone, arrivando a massimizzare e focalizzare il contributo di tutti e realizzando molto di più con molto meno. Eccone i punti focali e caratterizzanti:
Laboratorio della innovazione organizzativa, come modalità corrente di migliorare ed evolvere.
Formazione sulla complessità e sulla consapevolezza della necessità di nuovi paradigmi.
Riflessione condivisa e sperimentazione sull’alternanza di strutturazione e destrutturazione, ordine e caos, e reinvenzione di una funzione aziendale “ricerca” che arrivi a coinvolgere e a dare obiettivi di maggior conoscenza e competenza a tutte le persone.
La focalizzazione, l’integrazione e la semplificazione dei processi e delle strutture realizzata in modo facile, naturale e continuo a tutti i livelli.
Elaborazione di un modello strategico delle competenze e della motivazione.
Formazione di gruppi interfunzionali adattativi alla base della organizzazione.
Trasformazione dei ruoli individuali statici in ruoli dinamici all’interno di ruoli “di gruppo” più stabili.
Introduzione delle strutture “di sistema”, sia a livello elevato che alla base della organizzazione.
Introduzione di meccanismi operativi innovativi essenziali: la selezione, la mobilità, gli obiettivi, la valutazione.
La fabbrica del futuro: la fine della divisione tra colletti blu e bianchi.
Un nuovo approccio ai sistemi informativi e alla loro integrazione.
Misurazione del livello di energia della organizzazione.
Introduzione secondo necessità di strumenti proprietari per la composizione alla radice dei conflitti.
Gestione dei futuri azionisti e di una “rete esterna” che aumenta identità e contributo sociale e porta efficacia ed efficienza.
Creazione condivisa di un modello innovativo e interiorizzato di cambiamento e relativo piano.